12 novembre 2011. Il capo del governo, accompagnato dallo scherno e dall'entusiasmo popolare lungo tutti i suoi tragitti per le strade di Roma e nelle sue soste nei diversi Palazzi del potere (Montecitorio, Palazzo Chigi, Palazzo Grazioli, ecc.), ha dovuto rassegnare le proprie dimissioni al Presidente Napolitano. Davanti al Quirinale lo ha atteso una folla esultante per la sua caduta, al canto di "Alleluia!" (+ numerosi insulti).
Qui è sintetizzata la parabola della sua "epopea" che ha reso ridicola la nazione agli occhi di tutto il mondo.
Ei fu. Siccome ignobile
col suo comportamento
offese donne, stampa,
giudici e Parlamento,
così fu ripagato
poi con moneta uguale
quando sotto i Palazzi,
fin sotto il Quirinale,
travolto dal disprezzo
e universal vergogna
per cui nel mondo intero
l'Italia era alla gogna,
sconfitta la sua banda
che fece false carte
infine fu costretto
a mettersi da parte.
Dall'Alpi alle Piramidi,
da Bossi a Mubaràk,
da Put-in a Gheddafi
sguazzato ha nella cacc...
Sguazzò da Roma ad Arcore,
da Bari all'altro mar.
Tutto ei provò nel trogolo
da capo del Consiglio:
il fini-vaffanculo,
i Trota padre e figlio,
il pizzo ai "responsabili"
dovette sopportar.
La vita era difficile,
però lui l'affrontava
con Fede e col conforto
di chi lo consolava:
pie donne assai devote
con cui solea pregar!
Fu vera storia? Ai giudici
lasciamo la sentenza. Nui
chiediamo conto al nostro
Creator che volle in lui
del ciarlatano italico
più vasta orma stampar.
Quando esordì in politica
forte dei suoi milioni
e scese nell'agòne
con tre televisioni,
incominciò annunciandoci:
«Son l'unto del Signor!»
La sua "discesa in campo"
viscida e truffaldina
ha poi quasi portato
l'Italia alla rovina.
Han fatto, lui e i suoi complici,
soltanto i fatti lor.
E sparve. E i dì da despota
finì con una frana.
D'esser Napoleone
fu la sua idea più sana,
corna, cucù e storielle
le sue specialità.
Tu, sulle sporche ceneri,
come un airon che vola,
esultante aleggiare
vedrai quella parola
che ci aiuta a resistere,
che ci aiuta a combattere,
luminosa e salvifica,
immensa: libertà!
© Muso Rosso 2011
Post precedente: A San Vittore (visualizza)
Sulla falsariga della carducciana "San Martino", di cui risuonano assonanze di senso
e di linguaggio (la nebbia agli irti colli... ma per le vie del borgo... gira su' ceppi accesi...
tra le rossastre nubi stormi di uccelli neri...), descrive l'approssimarsi della scena finale,
la resa del capo del governo, mentre questi si avvia a rassegnare le dimissioni sul Colle
del Quirinale, nelle mani del Presidente della Repubblica.
Il testo è stato pubblicato sul blog proprio nei minuti in cui veniva compiuto quest'ultimo
fatidico tragitto.
Apprezzo molto l'arguta fantasia, perché porta un poco di serenità in una situazione politica putrida e corrotta.
RispondiEliminaNon è stato un bene per noi la sua caduta.
RispondiEliminaNon voleva bombardare la Libia.
È caduto sotto il ricatto dello Spread.
Non che lo amassi particolarmente, ma dopo di lui solo pupazzi atlantico non eletti.